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Essere o parlessere l’uno e l’altro

Lacan nomina l’inconscio parlessere in cui la parola sarebbe un’aggiunta a ciò che ha già espresso l’altro, nei significanti, prima di lei

Il Parlessere

Viene sostituito all’inconscio di Sigmund Freud che lui considera un insieme di processi e, non raggiungendo la coscienza, non possono essere controllati razionalmente dall’individuo, una sezione oscura e inaccessibile del cervello umano.

Per lo psichiatra Jacques Lacan tutto ciò che viene coinvolto nel rapporto con l’Altro cioè i significanti espressi dall’inconscio, sogni, desideri mancati ed

esauditi, sintomi, qualità e pulsioni, vengono ridotte alla funzione d’origine nel rapporto col proprio corpo siccome il parlessere adora il suo corpo ma non ha un corpo.

Infatti dove c’è l’altro (inconscio) c’è l’un corpo, non c’è significante o identificazione ma c’è il parlessere; cioè io parlo senza saperlo, prima di voler parlare, tramite questo fenomeno inconscio.

 

L’uno e l’altro

Il soggetto in analisi si realizza nella parola piena, che è il soggetto stesso, dove l’interlocutore è l’altro simbolico, l’asimmetrico, quello che manca di corrispondenza con le parti, da cui il soggetto si attende

un’interpretazione, che lo identifichi come soggetto e che gli permetta di completare, nel suo discorso, ciò che gli appare come un vuoto o qualcosa a cui non può accedere perché censurata da un confine che lo separa dall’inconscio.

Jacques Lacan inizia dalla parola, unica materia del lavoro analitico siccome non v’è esperienza umana che non sia esperienza di parola ed anche perché, come dimostrarono le religioni e pur la medicina, le parole curano ed in psicoanalisi si usano proprio le parole per curare.

La parola usata in psicoanalisi non ha proprietà magiche o miracolose ma ha le capacità caratteristiche della parola che sono gli ordinari poteri della parola.

Il primo potere della parola è quello di esigere una risposta infatti non c’è parola che non sia domanda ed ha anche il potere di stimolare l’interlocutore

che è colui che detiene la risposta; ed è quindi alla base della relazione intersoggettiva (condivisione di stati soggettivi tra due o più persone).

Il cui soggetto attenderà, dalla sua condivisione soggettiva, di essere riconosciuto grazie al potere dialettico della parola, fenomeno in cui Lacan individuò

l’essenza della psicoanalisi che nel 1953 definì come una pratica fondata sull’intersoggettività o condivisione di stati soggettivi con altre persone.

 

Dalla funzione della Parola

l’attenzione viene spostata sulla struttura del linguaggio che si rivela nelle formazioni dell’inconscio: atti mancati, compulsioni, sintomi, sogni, lapsus, in sostanza sui significanti.

Le formazioni dell’inconscio hanno tutte struttura linguistica come elementi discreti sottomessi a leggi proprie in cui il soggetto non ha accesso diretto alla  loro comprensione

siccome, il linguaggio dell’inconscio è cifrato e da decodificare oltre ad avvenire esternamente all’individuo ma interessandolo in modo distinto, siccome trasporta la sua propria realtà di soggetto.

 

Esempio soggettivo interpersonale

Se vogliamo fare un esempio concreto prendendo in esame il parlessere: questo blog, dopo sei anni di lavoro, praticamente parla da solo

ancora prima che io lo abbia completato, cioè ognuno di voi può comprendere le mie caratteristiche psicologiche prima che io vi parli di me, dei miei problemi e delle mie facoltà.

Osservando la scelta delle immagini che ho collegato agli articoli, io lo notavo oggi, puoi intravedere il mio profilo psicologico e i miei disordini ossessivo compulsivi.

 

 

Immagine in evidenza olio di Jackson Pollok 1912 – 1956 – Ispirato da…

Di Gogoos

Studioso di psicologia e teologia, blogger multitasking, pubblica informazioni di attualità, cultura, scienza, psicologia e spiritualità nell'umana ambiguità che esprime e manifesta la struttura dell'umanità