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Baby gang un fenomeno antropologico

Il fenomeno della baby gang è coetaneo con la creazione dei centri urbani e alla base della politica urbana dell’antica Roma repubblicana

Il Fenomeno antropologico

L’antropologia è un ramo della scienza che studia l’essere umano da molteplici prospettive scientifiche e culturali valutando il suo comportamento all’interno della società.

Considerando le aggregazioni giovanili come gang dovremmo domandarci come i giovani interpretano e vivono la città, soprattutto le nuove generazioni e

le sub culture di cui sono protagoniste, cioè la cultura, l’educazione, il linguaggio e la fede in relazione alla loro posizione culturale, all’età e all’etnia.

Dovremmo domandarci se non siano le città a rendere insoddisfatti e violenti alcuni ragazzini? Ed effettivamente la ricerca scientifica in materia di baby gang e le informazioni rilasciate dai media confermerebbero questa tesi.

Purtroppo questa ipotesi appare semplicistica e riduttiva per essere più attendibili occorre una sintesi degli studi scientifici che si occuparono di gang

iniziando dalla Scuola di Chicago, per poi far tappa alla Scuola di Birmingham e raggiungere la meta con i nuovi orientamenti scientifici che si oppongono assai lontano dalle posizioni assunte dalla criminologia.

 

La Baby Gang

Le nuove politiche per la sicurezza producono ciò che, Andre’ Rey (1906-1965)  psicologo svizzero laureato si sociologia e pedagogia, nomina Parasitic Model che distinguerebbe le gang in isolabili entità

col principale scopo di commettere crimini che disturbano la democrazia, l’economia e la sicurezza da esser paragonate ad un male incurabile,

che può essere vanificato solo tramite sentenze più severe, incriminando associazioni ambigue, rendendole fuori legge e ostacolando la loro economia,

tramite corpi di polizia speciale e tribunali disponibili al fenomeno; conclusione ottenuta anche nei primi anni del novecento in cui la baby gang era considerata: devianza o patologia sociale che infettava la città.

 

I ricercatori della scuola di Chicago

Nei primi anni del novecento il fenomeno della gang consisteva in un vero problema sociale soprattutto a Chicago, Frederic Milton Thrasher, (1892 – 1962) laureato in sociologia e

facente parte del Department of Educational Sociology della New York University, elabora la prima definizione di gang che considera:

un gruppo interstiziale originariamente formatosi spontaneamente ed integratosi attraverso il conflitto, come elemento condiviso di aggregazione.

Il risultato di questo comportamento collettivo, come afferma Thrasher, è lo sviluppo di un’appartenenza alla baby gang che si catalizza come una tradizione, solidarietà, sentimento di gruppo, padronanza di un territorio e

l’utilizzo sistematico della violenza per difenderlo; un fenomeno non più legato all’emarginazione sociale ma che nasce da molteplici situazioni ed ambigui riti di passaggio.

 

Emile Durkheim

Sociologo, filoso e storico (1858-1917) associa l’anomia, alla mancanza di regole, all’interno del contesto sociale sostenendo che: quando le regole

non hanno reale efficacia sul comportamento da osservare, nelle relazioni con il prossimo, gli individui non sanno più cosa aspettarsi dai loro simili,

avendo un limitato controllo del loro comportamento; ed il fenomeno delle baby gang sarebbe la prova di una società Anomica (assente di norme) ed in crisi.

Nel 1949 Meier Robert Schkolnick soprannominato Robert King Merton (1910-2003) sociologo statunitense fondatore del funzionalismo sociologico,

relaziona l’anomia con la devianza siccome quando alcune aspirazioni e alcuni obbiettivi sono esaltati, nella società, si crea il terreno fertile per l’anomia.

In questo modo la devianza appare come una frattura che separa gli ideali di successo, culturalmente dominanti, dalla possibilità di raggiungerli e

da questa frustrazione nascono norme e criteri che legittimano comportamenti poco sociali e a volte violenti dando vita ad una nuova tendenza culturale.

 

Per Albert Kircidel Cohen

Criminologo statunitense (1918-2014) le tensioni prodotte dalla disgregazione sociale creano disagio comune a numerosi giovani di ceti subalterni

che rischiano di identificare la soluzione, ai loro problemi, nella subcultura delinquenziale ed interagendo con i membri di questa cultura diventeranno inevitabilmente delinquenti.

Cohen afferma la sottocultura essere un fenomeno culturale perché il soggetto viene influenzato dal comportamento e dall’osservazione delle norme, della gang, nei membri della stessa.

Norme poi condivise solo da chi ne trae direttamente beneficio creando un terreno favorevole alla loro riproduzione ed osservazione in cui la componente

principale, di questa forma di autostima, è la disobbedienza nei confronti delle autorità, tranne per le pressioni esercitate nella baby gang o in organizzazioni criminali più adulte dove gli ordini vengono anche espressi con violenza ma ai quali viene risposto con solidarietà.

Incertezze, desideri, paure e collera sono gli elementi che sembrano attraversare le riflessioni teoriche e gli studi in cui culture urbane e società del rischio

sono complementari e inscindibilmente legate come afferma Annalisa di Nuzzo docente di Antropologia Culturale presso DISUFF Università di Salerno e

membro del Laboratorio Antropologico, della suddetta Università, il cui testo è stato pubblicato sulla testata giornalistica dell’Istituto Euroarabo in Dialoghi Mediterranei.

 

Il paradosso soggettivo

Ciò che mi stupisce e mi lascia assai perplesso, quando studio psicologia, è notare come il senso di colpa sia effettivamente un disturbo egodistonico

ma come in alcuni casi sia di vitale importanza, per uscire da determinate circostanze createsi tramite scelte o la crescita in ambienti simili.

Infatti pur non avendo mai frequentato babygang, nella mia gioventù, notai un fenomeno importante del mio ego (io) che solo il senso di colpa mi allontanava da intenzioni o aggregazioni ribelli alla morale civile.

Questo fenomeno ego distonico, in giovane età, lo consideravo un vero ostacolo, non potendomi avvicinare e vivere esperienze affascinanti, ma col passare del tempo

mi accorsi che la mia egodistonia nei confronti della ribellione, alla semplice morale civile, era la mia fortuna e ancora oggi la considero tale cioè come se fossi un egosintonico nella sua egodistonia, il paradosso dell’ego.

 

Sintomo di un errore profondo

Il sistema bibliografico della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, rende l’argomento bande di strada un sottoinsieme di patologia sociale mentre la classificazione esatta dovrebbe essere: storia urbana e politica di strada.

Le bande o gang e baby gang, in alcuni quartieri, generano potere per coloro che altrimenti sarebbero impotenti, tramite il controllo di piccoli spazi urbani come quartieri periferici, zone disabitate, campi, parchi, scuole e discariche di rifiuti o piccoli quartieri cittadini.

Per gli individui più giovani e privi di altre risorse questi quartieri monopolizzati dalle gang, se difesi con successo, forniscono sicurezza ed alcune opportunità ai suoi abitanti,

oltre al prestigio e al glamuor combattente e al servizio che sovente rendono alle forze dell’ordine come milizie di quartiere; parole di John Hagedorn Professore Emerito di criminologia, diritto e giustizia.

 

 

 

 

Di Gogoos

Studioso di psicologia e teologia, blogger multitasking, pubblica informazioni di attualità, cultura, scienza, psicologia e spiritualità nell'umana ambiguità che esprime e manifesta la struttura dell'umanità